PESCARA - Il sesso è determinato geneticamente attraverso la presenza di 2 cromosomi : XX, che stabilisce il sesso femminile, e XY quello maschile. Questi corredi, genetici sono presenti nello zigote e determinano in prima istanza lo sviluppo del sesso gonadico e da questo poi lo sviluppo dei caratteri sessuali secondari. Se questa scaletta si altera, compariranno disordini e patologie dello sviluppo sessuale. Tuttavia anche se la cronologia dello sviluppo non è alterata, può accadere, se pur molto raramente, che la persona abbia difficoltà a identificarsi in un sesso. Questa condizione è detta “disforia di genere” e spesso si associa a disturbi psicotici e psichiatrici. Non si tratta di disturbi frequenti, si calcola che i difetti che alterano la differenziazione dei genitali, che richiedono interventi chirurgici, e quelli in cui i genitali non sono completamente sviluppati, abbiano una frequenza di 1/5000 nati, quindi sono malattie rare. I disturbi dell’identità di “genere”, cioè i disforici, invece si riscontrano in 2-5 X 100 mila nati. Questi possono avere anche una origine biologica ma in genere sono di origine psicosociale e nell’80% dei casi si risolvono spontaneamente o con modesti supporti psicologici alla pubertà. Nei pochi casi in cui la persona non supera la disforia e mostra una profonda sofferenza sul piano psicologico, morale, sociale e religioso, che può indurre fino al suicidio, si può ricorrere alla cosi detta “transizione di sesso”, cioè al cambio sesso. Questo comporta sia terapie ormonali pesanti che interventi chirurgici. Per evitare o ritardare questi interventi, alcuni Stati hanno pensato di ritardare la pubertà utilizzando farmaci, nella speranza che il disforico riesca a chiarire, in questa sorta di limbo in cui viene posto, a quale sesso voglia appartenere. In Europa questa terapia fu introdotta 30 anni fa e l’Inghilterra fu la prima ad adottarla. L’Italia nel 2018 ha consentito l’uso della Triptorelina per bloccare nelle persone disforiche la pubertà e la spesa del trattamento è a totale carico del sistema sanitario nazionale. La Triptorelina è un farmaco usato per la terapia dei tumori della prostata e della mammella e per la terapia della pubertà precoce che insorge a 7-9 anni. Il farmaco blocca la produzione di gonadotropine con conseguente blocco della funzione testicolare ed ovarica. Questo provoca un arresto della comparsa dei caratteri sessuali secondari (mammelle nella donna, barba, massa muscolare, voce nell’uomo). Non c’è una casistica adeguata che testimonia l’efficacia del suo uso per la pubertà fisiologica che insorge a 12-16 anni e per i suoi effetti collaterali, soprattutto nel tempo. Quello che è certo che la sua interruzione rende il processo di blocco della pubertà reversibile. Non dobbiamo dimenticare che la richiesta dell’uso di questo farmaco nei disforici è stata fatta da alcune società scientifiche che potrebbero avere interessi. Si è calcolato che dietro l’uso di questo farmaco ci sia un mercato di 2 miliardi di euro. A questo va aggiunto la forte pressione che c’è sul “Gender fluid” perché si vuole arrivare a cancellare l’identità maschile e femminile, sebbene la teoria del “Gender” non abbia nessuna base scientifica ma solo ideologica, laicista e femminista.
L’AIFA ha promosso questa terapia dopo aver acquisito il parere positivo del Comitato Nazionale di Bioetica (CNB), che ha comunque posto delle restrizioni molto precise :
---l’uso deve essere fatto con prudenza e con valutazione caso per caso
---la somministrazione deve essere fatta solo per un breve periodo
---la terapia deve essere fatta sotto un rigoroso controllo di una equipe
plurispecialistica che comprenda psicologici, psicoterapeutici,
psichiatri, endocrinologi, pediatri, bioeticisti.
Sebbene queste restrizioni, ci sono alcune perplessità perché
---la letteratura scientifica è carente
---la sperimentazione clinica è scarsa
---i follow up sono inadeguati
---il blocco della pubertà provoca uno scollamento tra lo sviluppo psichico, che continua, e quello corporeo che si arresta (mens sana in corpore sano)
---il minore deve firmare il consenso informato. Siamo sicuri che un ragazzo di 12 anni sia capace di capire il grave problema che sta affrontando?
---alcuni dati internazionali su questa terapia dicono che i ragazzi dopo questa esperienza hanno presentato più problemi di quelli iniziali.
In conclusione io non sono sicuro che l’uso del farmaco sia la scelta più idonea. E’ vero che i casi sono pochissimi e soprattutto nessuno ti può garantisce che il disforico, dopo la terapia, abbia fatto chiarimenti sul suo stato sessuale. Inoltre perché ricorrere a terapie farmacologiche piuttosto che cercare di capire l’origine della sua disforia?
Infine bisognerebbe capire se il CNB ha fatto una profonda riflessione e discussione sulla teoria Gender e i suoi fini. Infatti, per pochi casi da trattare, si rischia di avallare una teoria che non ha nessuna base scientifica ma che tanto male può fare all’organizzazione sociale naturale.
Prof. Giandomenico Palka
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