PESCARA - La Mostra “O voce di colui che primamente”, promossa dal Centro Nazionale di
Studi Dannunziani presieduto da Elena Ledda, inaugurata Venerdì 5 novembre,
resterà aperta al Mediamuseum di Pescara (Piazza Alessandrini, 34) fino al 15
dicembre – su prenotazione - per le Scuole (martedì e giovedì, ore 9-12) e fino al 30
novembre per il pubblico (martedì, mercoledì e giovedì, ore 17-19). Ingresso libero.
La Mostra, curata da Maria Teresa Imbriani, su progetto grafico di Isabella
Mazzatura, è un percorso che, attraverso il materiale composito di autografi, codici,
prime edizioni e immagini, ci conduce alla scoperta del rapporto più vivo e profondo
fra Dante e Gabriele d’Annunzio.
L’esposizione è stata possibile in forza delle tecnologie digitali che aprono nuove
prospettive di ricerca e di fruizione dell’opera d’arte, compresa quella letteraria. I
documenti digitalizzati, provenienti soprattutto dalla Fondazione “Il Vittoriale degli
Italiani”, grazie alla generosa concessione del Presidente Giordano Bruno Guerri,
compensano la perdita dell’aura dell’originale con il grande vantaggio di poter
accostare, ingrandire, evidenziare ciò che più interessa, rendendo percepibili echi,
accostamenti e discendenze. “Quello che viene qui proposto – sottolinea la curatrice -
è uno dei possibili itinerari nel mare magnum dell’”officina” dannunziana. Abbiamo
voluto seguire d’Annunzio nella sua ricerca cogliendolo al tavolo di lavoro e, come
una delle tante possibili direttrici dell’opera sua a confronto con quella di Dante,
abbiamo voluto farlo guardando direttamente le sue carte, quelle delle opere
compiute, ma anche le annotazioni e le chiose di cui abbondano gli autografi. Lo
abbiamo sorpreso mentre compone, mentre legge, mentre annota, mentre costruisce il
suo monumento di carte ovvero quell’opera d’arte che lo rende degno, unico erede di
Dante”.
I documenti esposti sono appunti - alcuni inediti - vergati a penna e matita, a
margine della Divina Commedia. Sono prime stesure, lettere, nè manca un prezioso
taccuino. E la presenza di Dante è palpabile, vitale. Con l’ausilio della filologia delle
varianti, seguendo percorsi intertestuali dove non manca il rimando all’immagine, si
entra, dunque, nell’”officina” feconda del Vate dei tempi nuovi, approdando nel
paradiso terrestre dell’arte. |