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D’ANNUNZIO E PASOLINI: LA CONFERENZA DI UGO PEROLINO E LE LETTURE DI DANIELE CIGLIA

Il professore dell’Università d’Annunzio e l’attore e doppiatore pescarese hanno ripercorso le influenze e le analogie tra i due autori, autentici simboli del Novecento italiano

PESCARA – Nuova giornata di incontri e presentazioni all’Aurum di Pescara, nell’ambito della Settimana Dannunziana, in corso, in questi giorni, nella città adriatica.
Ieri pomeriggio, alle ore 16.00, sono intervenuti, nella Sala Tosti, Ugo Perolino e Daniele Ciglia per la Conferenza e Lettura, organizzata dall’Università G. d’Annunzio, dal titolo Occasioni dannunziane nella poesia di Pier Paolo Pasolini.
Perolino, Presidente del corso di laurea in Lingue e Letterature straniere dell’Università d’Annunzio, ha cercato di mostrare similitudini e obiettivi comuni tra le produzioni dannunziana e pasoliniana. È stato accompagnato, inoltre, dalla magistrale lettura e interpretazione dei testi, scelti dalla produzione di entrambi gli autori, compiuta da Daniele Ciglia, attore teatrale pescarese con esperienze anche in ambito televisivo e nel doppiaggio.
Nel corso dell’incontro è venuto fuori come sia Pasolini che d’Annunzio abbiano avuto una concretezza e un’iconicità nel corso del ‘900, che ne hanno consacrato l’aura di veri e propri “miti”, anche nell’opinione pubblica.
Entrambi, infatti, non sono stati dei semplici letterati, ma volevano agire sul proprio tempo, volevano che fosse la politica a seguire loro e non il contrario. Entrambi, però, hanno pagato la supremazia del gioco politico sull’arte e la letteratura, non così efficace nel determinare, poi, i processi politici e la storia. Il tempo e la stessa storia che, in seguito, forse, hanno dato ragione a loro, consacrandoli come simboli e, per alcuni tratti, “profeti” del Novecento italiano.
I due autori, come afferma il professor Perolino, volevano “usare la letteratura come un’arma”, perché l’intellettuale doveva guidare le masse, come nel caso di d’Annunzio, o denunciare il potere, come per Pasolini. Le loro posizioni scomode e il tentativo di raccontare la realtà da un’altra prospettiva, però, hanno finito per schiacciare d’Annunzio nell’isolamento del Vittoriale e per pagare con la propria vita nel caso di Pasolini. Durante la conferenza è stato citato più volte l’articolo cosiddetto “delle lucciole” di Pier Paolo Pasolini, ritenuto profetico perché coglie, già dal 1975, il problema dell’inquinamento e propone soluzioni ecologiste, trovando, però, un pessimismo di fondo a causa della supposta supremazia dei grandi gruppi economici sulla politica.
L’impresa fiumana, la denuncia del potere pasoliniana e, ancora, il volo su Vienna: entrambi fanno di tutto per “mettersi nei guai” e per non essere solo degli intellettuali. Gli anni del boom economico, che coincidono con l’arrivo a Roma di Pasolini costituiscono i suoi anni d’oro, che potrebbero essere definiti di “vita dannunziana”. Tutti e due hanno avuto un ego monumentale e hanno, quindi, pensato alla poesia anche come mistificazione di sé, proiettandosi nella composizione stessa.
La presentazione del professor Perolino è stata accompagnata e intervallata dalle letture espressive dell’attore e doppiatore Daniele Ciglia, che ha saputo ben interpretare i testi e le poesie di entrambi gli autori, sottolineandone i passaggi fondamentali delle loro produzioni letterarie.
In ultimo, il professor Perolino ha ricordato come ambedue abbiano avuto un forte rapporto con la tradizione, come dimostrato dall’utilizzo di un linguaggio ricercato e di lemmi danteschi, ma anche con la preferenza per la forma: “possiamo dire che c’è un ciclo, nel Novecento, che si apre con Alcyone, di d’Annunzio, e si chiude con Le ceneri di Gramsci, di Pasolini”.
Lorenzo Antenucci


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