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MALATTIA MENTALE, PAOLA CAROZZA E LE PRATICHE PROMETTENTI NELLA PSICHIATRIA DI COMUNITÀ

Venerdì 4 luglio presentazione del libro alla Provincia di Pescara

PESCARA - La malattia mentale severa può avere importanti conseguenze dirette quali ad esempio le disfunzioni cognitive e indirette come l’isolamento sociale. I famigliari e le associazioni del Terzo settore impegnate nel campo della salute mentale, come Cosma (Coordinamento salute mentale Abruzzo) e Percorsi, svolgono un ruolo importante nel processo di cura. Il volume di Paola Carozza “Pratiche basate sull’evidenza e pratiche promettenti nella psichiatria di comunità” (Giovanni Fioriti editore), che sarà presentato domani, venerdì 4 luglio, alle 9:30, nella sala La figlia di Iorio della Provincia di Pescara, si rivolge innanzitutto agli operatori dei Centri di Salute mentale. In esso però vengono trattate e approfondite anche una serie di pratiche utilizzate dalle associazioni: gruppi guidati da professionisti focalizzati su obiettivi specifici e iniziative di supporto alla socializzazione.
Il manuale affronta, anche, il tema del ruolo del sostegno familiare nella cura della malattia mentale e l'importanza delle reti di supporto per i famigliari. L’ incontro costituisce quindi una occasione importante di formazione per quanti, operatori pubblici e volontari, nonché utenti e famigliari esperti combattono quotidianamente la malattia mentale. Partecipano all’incontro la presidente di Cosma, Tiziana Arista, e il nuovo presidente di Percorsi, Vincenzo D’Amico.
Paola Carozza, di origine abruzzese, è direttore dell’Unità operativa complessa del centro di Salute mentale della Ausl di Ferrara. È Deputy European vice president e componente dell’International board della World Association Psychological Rehabilitation.
“Nel settore della psichiatria di comunità, dimensione integrata ma distinta della salute mentale di comunità”, scrive Carozza nell’introduzione al suo libro, “vige oggi una certa confusione su come trasferire nella pratica una serie di indicazioni teoriche per dare un senso tecnico al lavoro quotidiano. Nella dicotomia tra i trattamenti psicosociali evidence-based che richiedono formazione rigorosa, sistematicità, intensità, supervisione costante, valutazione degli outcome e confronto con la fidelity e la pratica (…), alla fine nei servizi si rischia di non implementare i primi perché troppo dispendiosi di tempo e di risorse, né di conferire alla seconda la dignità di una tecnica, seppure non esattamente rispondente alle linee guida o alle raccomandazioni scaturite dalle ricerche. Ne consegue che nella maggioranza dei casi la presa in carico dei pazienti non è in realtà una presa in cura, ma rischia di essere una sine cura e che la psichiatria di comunità, invece che assumere le caratteristiche di un approccio disciplinare, biopsicosociale, misurabile e riproducibile, si identifica prevalentemente con una modalità relazionale per la quale possono bastare solo una buona dose di umanità, un buon carattere e una generica disponibilità. Il presente lavoro vuole colmare il gap esistente tra l’implementazione con trattamenti evidence-based, che non si stanno in realtà offrendo a tutti i pazienti che ne avrebbero bisogno, e la specificità, a volte iatrogena (cioè con l’uso improprio o eccessivo di uno o più farmaci), della routine quotidiana”.


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