PESCARA - “‘Libera di Vivere’ nasce con un obiettivo: dare coraggio alle Saman che possono ancora salvarsi, costruire attorno a quelle ragazze che stanno vivendo una condizione simile, vittime di un clan familiare che non riconosce loro il diritto di vivere, di vestirsi, di studiare, di amare, e che decide di togliere loro la vita. Una l’abbiamo salvata, un mese fa in Campania, mi hanno presentato una ragazza pakistana, coetanea di Saman, il cui caso è stato segnalato dal fratellino che ha preso coraggio sentendo in tv la storia di Saman. Un ruolo fondamentale lo riveste la scuola che avrebbe potuto darle maggiori strumenti, anche per capire la situazione di pericolo in cui si trovava, e invece Saman era stata isolata da ogni contesto, tenuta prigioniera dietro la porta rossa di una cascina e morta sola su un viottolo sterrato a pochi metri da quella prigione”. Sono le parole con cui il cronista della trasmissione televisiva ‘Quarto Grado’ Giammarco Menga ha aperto l’incontro ‘Libera di Vivere’, evento on the road promosso dalla Commissione Pari Opportunità della Regione Abruzzo, e che ha vissuto la prima tappa nell’Istituto Alberghiero Ipssar ‘De Cecco’ di Pescara, prima scuola ad aver aderito all’iniziativa. Un evento ispirato al ‘caso’ di Saman Abbas, la giovane pakistana uccisa dalla propria famiglia in quanto ‘colpevole’ di voler vivere come tutte le adolescenti occidentali.
Presenti all’iniziativa, moderata dalla dirigente Alessandra Di Pietro, il Presidente della Commissione regionale Pari Opportunità Rosa Pestilli; il Procuratore aggiunto del Tribunale di Pescara Annarita Mantini, il comandante provinciale dei Carabinieri Stefano Ranalletta, l’onorevole Guerino Testa, Daniela Puglisi per l’uffico scolastico regionale e provinciale, Gianluca Di Frischia capo della squadra mobile della Questura di Pescara, Don Antonio De Grandis Presidente del Tribunale ecclesiastico Abruzzo e Molise, per la Capitaneria di Porto la comandante Annunziata D’Agniello, il maggiore Guido Angelilli per la Guardia di Finanza, l’aeronautica militare con il colonnello Pasquale Lettieri e il collaboratore Salutari, per Provincia di Pescara la consigliera di parità provinciale e del Comune di Montesilvano Paola Sardella, Tiziana Venditti dell’Ufficio scolastico provinciale, per il Club femminile Inner Wheel Annarita Frollini, per il Rotary Anna De De Febis e Flavia Antonacci, il maresciallo Cremona, Antonella Luciani per le Pari opportunità regionale, Antonio Consalvi rappresentante dei genitori e vicepresidente del Consiglio d’Istituto e soprattutto gli studenti delle classi terze, in parte in presenza, altri collegati da remoto dalle proprie aule.
“L’incontro odierno – ha sottolineato la dirigente Di Pietro - rappresenta un’occasione di formazione e di sensibilizzazione su temi centrali nella nostra educazione, la scuola non è solo luogo apprendimento cognitivo, ma è luogo formativo, in cui dobbiamo aprire una riflessione sulla cultura del rispetto, sulla cultura della parità, dell’inclusione, dell’accoglienza e del valutare la diversità non come un problema, ma come opportunità e ricchezza., Il libro di Giammarco Menga è uno strumento educativo potente, che ci permette di riflettere su alcune parole valori chiave: cosa significa libertà, essere libere, esistono libertà fondamentali? La Costituzione dice di sì. Ma ci sono libertà che prescindono dal diritto stesso e che appartengono alla persona per natura? E allora dobbiamo riflettere sugli episodi in cui è negata la libertà di scelta delle persone e delle donne, il diritto di autodeterminarsi e di scegliere la propria vita”.
“L’Istituto ‘De Cecco’ – ha detto l’onorevole Testa - si mette in evidenza per la sua attività formativa, è un faro regionale. Personalmente ringrazio le forze dell’ordine per tutto ciò che fanno ogni giorno per mitigare un problema di grande attualità che anno dopo anno vede crescere i numeri”. “Il 25 giugno scorso – ha aggiunto il Presidente Pestilli - alla Camera dei deputati è partito un lavoro sull’autodeterminazione della donna e abbiamo compreso che lo Stato interviene sulla donna vittima di violenza offrendole un tirocinio formativo di 10 mesi. Ma spesso la donna-vittima deve cambiare la propria vita, lavoro e competenze e allora siamo intervenuti sul gap mettendo in rete il mondo imprenditoriale, e abbiamo promosso il registro delle imprese virtuose che con un collocamento mirato può regolamentare l’inserimento della donna ricertificando il sistema delle competenze”.
“Quella odierna – ha spiegato Menga parlando agli studenti - è la prima tappa di un lungo viaggio on the road che ho voluto fortemente per provare a cambiare rotta sul tema dei femminicidi, che vede vittime sempre più giovani, e ho capito che l’unico modo per farlo è quello di sensibilizzare tramite una storia concreta. Saman era giovane donna pakistana uccisa nella notte tra il 30 aprile e il 1 maggio 2021 a Novellara, uccisa dalla sua famiglia perchè voleva vivere libera, primo tema su cui aprire una riflessione, perché per noi che viviamo in un contesto occidentale, in cui la libertà è un diritto di nascita, non comprendiamo che la libertà in realtà non è un diritto scontato, pensiamo cos’è la liberta per una ragazza che proveniva da un contesto culturale diverso: Saman era considerata un oggetto alle dipendenze di una famiglia, non puoi scegliere come vestirti, chi amare, cosa fare. Ho scelto di scrivere di Saman perchè c’è una componente personale, da quasi 8 anni vivo con una ragazza, una Saman che si è salvata, di origini musulmane, che però ha dovuto rinunciare all’amore di un padre e di una madre. Saman aveva un sogno tra tanti: andare a scuola, arrivata in Italia a 13 anni aveva potuto frequentare solo la terza media e poi i genitori avevano deciso che non doveva andare a scuola fino ai 18 anni, quando è morta. Questa è una storia che si intreccia con il rispetto, con le difficoltà di cultura, per Saman la scuola avrebbe potuto darle una mano, avrebbe avuto più strumenti per percepire il pericolo che genitori che ti hanno dato la vita, te la possono togliere. Saman era un fantasma che viveva in una prigione, non poteva mai uscire, solo la sera con la madre, non poteva avere rapporti sociali, né studiare, l’unica finestra sul mondo era il telefonino, che gli è servito per innamorarsi una prima volta di un ragazzo pakistano che alla fine l’ha ingannata e Saman è morta sola sul viottolo sterrato, uccisa dai familiari perché aveva macchiato il clan, ingannata fino all’ultimo. La giustizia italiana ha riposto – ha proseguito Menga -: in primo grado sono stati condannati all’ergastolo i genitori come mandanti dell’omicidio, lo zio che è stato l’esecutore è stato condannato a 22 anni, in secondo grado, la corte d’appello di Bologna ha condannato all’ergastolo anche i cugini, assolti in primo grado. La scuola è fondamentale perché insegna a conoscere l’altro per comprenderlo: in realtà la scuola, l’Istituto superiore che Saman avrebbe dovuto frequentare, si era attivato per cercare di capire la sua assenza prolungata dai banchi, il problema è che la polizia locale fece due accertamenti nel mese di dicembre non sapendo che era il periodo in cui la famiglia tornava in patria approfittando del fermo lavoro dell’azienda agricola. La storia di Saman ci insegna che ci sono ancora tanti passi da fare, la ragazza aveva espresso il suo disagio nell’autunno 2020, era stata portata in una comunità di Bologna da cui era fuggita per incontrare il fidanzatino che poi l’ha tradita”.
“L’autore – ha detto il Procuratore aggiunto Mantini - ci dà una chiave di lettura personale di una vicenda nota a molti, una vicenda cruenta, estrema, che ha colpito tutti, un omicidio consumato in un contesto familiare, il clan, più orchi che intervenivano sulla ragazza che era un fantasma. La prima cosa che colpisce è l’isolamento della vittima, noi dobbiamo avere gli strumenti per prevenire tali episodi, la ragazza era stata allontanata dalla scuola che è il primo strumento per preservare i minori, spesso la famiglia è il luogo in cui questi episodi si verificano. Tutti i giorni io devo dare pareri, devo sollecitare il lavoro del giudice civile e tutti i giorni faccio richieste di decadenza della potestà genitoriale perché alcuni genitori sono inadeguati, forse così potevamo evitare la morte di Saman. Oggi dobbiamo lavorare perché la famiglia sia funzionale, non solo madre-padre, dobbiamo vedere cosa accade in un contesto familiare, e allora i servizi sociali, la scuola, devono costruire una rete vera”.
“ Quei fatti che costituiscono elementi per i reati da codice rosso – ha detto il comandante Ranalletta - sono un panorama complesso e trasversale, le cause di tali violenze sono variegate, ci sono stereotipi di genere, motivi pseudoculturali che tendono a giustificare una certa visione della donna, la difficoltà come Carabinieri è di adattarsi a questo tipo di fattispecie, tali reati hanno bisogno di interlocutori diretti e preparati, non c’è sala d’attesa per chi ha trovato il coraggio di parlare o denunciare. Nel 2024 abbiamo raccolto ben 80mila denunce da codice rosso, un numero che ci segnala una presa di coscienza, una maggiore consapevolezza su ciò che è violenza”
Durante l’incontro il docente e attore-regista Edoardo Oliva ha letto estratti dei capitoli più significativi del libro per proporre una riflessione partecipata da parte dei presenti
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